Alle radici umane dell’approccio strategico: Paul Watzlawick e Heinz von Foerster visti da vicino

Solo una grande anima osa avere uno stile semplice. Stendhal

Ho incontrato di persona Paul Watzlawick un giorno di luglio del lontano 2002. Prima lo avevo conosciuto nelle conferenze, dai libri, ma non ero mai riuscito a stringergli la mano. Nel luglio del 2002 a S. Francisco, California, era stata convocata la conferenza internazionale “On The Shoulders of Giants” (Sulle Spalle dei Giganti) convocata proprio per onorare i grandi della terapia strategica o la loro memoria: Watzlawick, von Foerster, Weakland… Ero riuscito a prenotare un albergo proprio a fianco alla sede della conferenza. Per accedervi mi bastava attraversare una piccola strada. Ma alcuni giorni prima ho voluto andare a visitare il “Mental Research Institute” a Palo Alto. Arrivato alla sede ho dovuto inventarmi una scusa per entrarvi ed allora cosa meglio che chiedere informazioni sulla conferenza. “Sono appena arrivato, non conosco il programma, dove si svolgerà…” La segretaria interloquisce con me per un po’, poi si accorge che sono italiano, allora per agevolarmi, mi dice che avrebbe chiamato una persona che conosceva bene la lingua italiana. Con mia grande sorpresa vedo arrivare il prof. Watzlawick, l’autore di Pragmatica della comunicazione umana[1] e di Change[2], forse il libro di psicologia più bello che io abbia mai letto, colui che con la frase “la psicoanalisi, una terapia senza fine e senza fini”[3] mi aveva definitivamente emancipato dall’ideologie psicoanalitiche e psichiatriche in generale. Ed allora abbiamo parlato un po’, mi ha illustrato brevemente gli argomenti, gli invitati, mi ha dato l’indirizzo della sede, si è preoccupato molto di come avrei potuto seguire la conferenza dato che il mio inglese era un po’ rudimentale. L’ho salutato e gli ho stretto la mano prima di andarmene. Mi ha colpito la sua semplicità e disponibilità e per contrappunto mi sono venute in mente tutte quelle volte in cui professori o primari mi avevano fatto fare anticamera prima di potergli parlare magari per un esame o per delle spiegazioni, anticamera a volte conclusasi con un “ci dispiace il professore è dovuto andare via”. Quanti cattedratici si sarebbero scomodati per dare informazioni ad uno sconosciuto appena arrivato? Questa semplicità da parte di una persona che per importanza è una figura del gotha della scienza, l’equivalente per la strategica di Freud per la psicoanalisi, mi ha colpito molto. In seguito non ho resistito a raccontare l’accaduto ad amici e colleghi presenti alla conferenza, i quali ogni volta che entrava nella sala, chiosavano: “Guarda c’è il tuo interprete personale!” Ma non fu l’unica lezione avuta sul piano umano. Un’altra volta in Italia ad Arezzo in una conferenza, in cui figurava come principale relatore, un collega psichiatra nell’intervallo gli aveva chiesto un autografo da vergare su uno dei suoi libri. Con disponibilità, mi ha raccontato il collega, aveva autografato il libro e con altrettanta ironia aveva accompagnato il gesto dicendogli: “Sa quanto varrà questo libro dopo la mia morte!”.

E, a proposito di ironia e soprattutto di umiltà, sempre nella conferenza di S. Francisco, ho avuto il tempo di conoscere Heinz von Foerster, “ingegnere di formazione, prestigiatore per diletto, appassionato studente di fisica e di matematica”[4], ha contribuito a sviluppare insieme a Norbert Wiener, John von Neumann la cibernetica, cioè la scienza della comunicazione all’interno dei sistemi, scienziato ed anche filosofo costruttivista, figura eminente. Si deve a lui il superamento nella scienza del concetto positivista di conoscenza oggettiva[5]. Tanto per dare l’idea del temperamento della persona, nel libro scritto con E. von Glasersfeld “Come ci si inventa”[6], ricorda di quando alla fine della seconda guerra mondiale girava per Vienna con una moto di piccola cilindrata (un Puch 125) per verificare tutti i punti della linea elettrica dove c’era ancora elettricità e segnalarli in modo da ridare la luce alla città. Alla conferenza è intervenuto in sedia a rotelle, con una gamba amputata per evidenti problemi legati all’età: aveva all’epoca oltre novant’anni. Eppure, sembrava non avere nulla da recriminare all’età ed alla malattia, divertito ed ironico, aveva due occhi azzurri che sprizzavano vitalità e curiosità, nel mentre si definiva “a Watzlawick invention” (un’invenzione di Watzlawick), intendendo l’opera di divulgazione delle sue teorie ad opera di Paul Watzlawick.

Ricordo l’orgoglio e l’onore di appartenere, seppur come ultimo arrivato, alla corrente di pensiero di queste due figure: potenti carismatiche e nello stesso tempo umili e disponibili; persone eminenti, ma mai arroganti. Quante volte dopo aver incontrato persone conosciute sui libri ero rimasto deluso dovendone rivedere al ribasso la considerazione. In questo caso, aver conosciuto dal vivo gli autori che mi avevano appassionato ha addirittura elevato la mia stima nei loro confronti.

Tuttora cerco di andare incontro al quotidiano lavoro clinico e di ricerca con lo stile serio, ma anche ironico e semplice, rigoroso e nello stesso tempo gioioso di questi due Maestri di Scienza, che si sono rivelati anche e soprattutto Maestri di Vita.

[1] Watzlawick, P. Beavin, J.H., Jasckson, Don D., Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi , delle patologie e dei paradossi. Astrolabio, 1967, Roma

[2] Watzlawick, P., Weakland, J.H., Fisch, R. Change. Sulla formazione e la soluzione dei problemi. Astrolabio, 1974, Roma

[3] G. Nardone, P. Watzlawick, L’arte del cambiamento, Ponte alle Grazie, 1990, Milano

[4] Lorenzo Dorelli, Introduzione all’edizione italiana di “Come ci si inventa”

[5] Ferster, H. von, Sistemi che osservano, Astrolabio, 1987, Roma

[6] Foerster, H. von, Glasersfeld, E. von, Come ci si inventa, Odradek, 2001, Roma